Il corpo è una combinazione di potenza e azione, è il nostro collegarci col mondo. La materia è esigenza, è potenzialità di una forma. Per farla muovere occorre una forza, una spinta esterna. Nel tentativo di elaborazione delle intenzioni, ogni artista si mette ‘in atto’ rispondendo a una richiesta di definizione, d’identità. Attraverso il potere dell’azione, partecipa col corpo a questa trasformazione seguendo diversi percorsi di ricerca e creazione. Trasferisce il livello dei sensi e dell’immaginazione di una sfera individuale a una dimensione che diventa collettiva, un terreno d’incontro, di trasmissione e ricezione. Mettersi in contatto, in ascolto delle sue componenti, favorisce la percezione di sé e degli altri, permette di stabilire un rapporto diretto di condivisione attraverso l’esperienza fisica.
Francesca Artoni


FRANCESCA
Nata nel 1978 a Guastalla in provincia di Reggio nell’Emilia, da sempre appassionata di qualsiasi forma creativa, nonostante gli studi tecnico scientifici, ha sempre coltivato la sua passione per il disegno, la pittura e la scrittura. Frequentando un corso base di fotografia a Boretto (R.E) nel 2013, nasce forte desiderio di approfondimento della cultura fotografica. Partecipa attivamente a tutte le iniziative del gruppo La Bottega Photographica, senza tralasciare mai il proprio stile personale e apportando idee fresche e innovative ai progetti collettivi. Membro del gruppo La Bottega Photographica di Boretto (R.E), dal 2012 attualmente ricopre la carica di Tutor fotografico Fiaf e Socia onoraria del Grandangolo gruppo fotografico di Carpi (MO). Attiva la collaborazione con Gommapane Lab di Cavriago (RE) associazione culturale che si occupa di arte e creatività.
Il titolo svela la statura e insieme la caducità inattesa della figura paterna agli occhi dell’autrice, e contiene l’allusione all’argilla come materiale biblico originario di creazione della vita. Se la terra vive, tutto e tutti vivranno. Francesca Artoni è al contempo figlia e artista, braccio e radice forte che consente alla durezza della terra di dare nuovo frutto. Il cielo cupo sul mondo è avaro d’acqua, ma conserva un suo azzurro pur nell’intrico complesso del vivere. L’acqua, elemento primordiale che non a caso apre e chiude la sequenza, è l’altra origine di vita e di futuro: da essa tutto muove e a essa tutto riporta in modo circolare, come la polvere che siamo e a cui ritorneremo. L’opera, dall’impianto concettuale forte, contiene al suo interno uno sviluppo costellato di gesti e di elementi simbolici, che attengono tanto alla realtà quanto alla sfera più profonda della nostra psiche e dell’immaginazione. La narrativa, ben ritmata,esprime ovunque bisogno di comunione, un senso di riunione necessaria con la terra paterna. In Francesca Artoni echeggiano i versi di Paul Auster: “Spalla a spalla con la polvere/al di qua/della lama e al di là/dell’asciutta erba alta/che si volge con me”. E riconosciamo la sua
forza. La vita ci scuote, segna solchi profondi in noi; la fotografia forse non lenisce il dolore,
ma aiuta a elaborarlo, facendoci reimparare noi stessi e le nostre risorse segrete. Per non
perdere nulla.
Contatti
https://artonifrancesca.it/
@francesca_alkester_artoni
Mirko Frignani


MIRKO
Mirko Frignani (38), originario di Montecchio Emilia, è laureato alla Naba di Milano ed ha successivamente conseguito un Master in Fotografia Contemporanea con Mustafa Sabbagh presso Spazio Labò (BO). Ha collaborato con gallerie d’arte, fotografi e artisti nazionali e internazionali. Ad oggi lavora come fotografo e artista visuale tra Montecchio Emilia e Milano, cercando di raccontare quel poco di poesia che finora ha capito dalla vita.
Concept progetto:
Sentire /sen·tì·re/ provare – ascoltare – emozionare – avvertire – percepire – afferrare – intendere – cogliere – annusare – gustare – udire – fiutare – odorare – presagire – subodorare – intuire – prevedere – presentire – aver sentore – rendersi conto – sospettare – provare – nutrire – avere – capire – sapere – riconoscere – comprendere.
Sentire è primordiale. Non si insegna e non si impara. Sentire è come respirare,
è l’atto involontario del nostro cuore, è l’inspiegabile sensazione di essere e di esserci.
E tu sei pront* ad accettare tutti i tuoi sentire?
contatti:
www.mirkofrignani.com
www.instagram.com/mirkofrignani
GIORGIA – SIMONA


GERMINAZIONE ORGANICA
Non siamo in grado di comprendere la meravigliosa complessità di un essere organico… Ogni creatura vivente è un microcosmo, un piccolo universo, formato da una quantità di organismi che si riproducono da sé, inconcepibilmente minuti, e numerosi come le stelle nel firmamento. Charles Darwin
Alla fine del 1600 fu inventato il microscopio e da allora la percezione del nostro mondo è cambiata radicalmente. L’osservazione dei materiali naturali al microscopio – dalle diatomee alle ali delle farfalle, dai capillari ai fiocchi di neve – ha rivelato intricate e bellissime forme geometriche. Forme meravigliose, complesse, splendide tanto da togliere il fiato. Ognuno di noi, sopra e dentro il corpo ospita 150 mila batteri, divisi in 5 mila specie diverse. Interi universi si muovono dentro e sulla superficie del nostro corpo. Solo questo dovrebbe bastarci per vivere continuamente in uno stato di stupore e meraviglia. Le radici degli alberi, si è scoperto ultimamente, sono un intricato sistema di comunicazione tra le piante, e sono formate esattamente come le sinapsi del nostro cervello. E’ stato scoperto che nei boschi o nelle foreste esiste sempre la pianta madre che tiene in vita e comunica con tutte le altre piante del bosco, e se viene tagliata si può distruggere l’intero sistema. Il nostro cuore batte incessantemente circa 90 volte in un minuto, in un’ora ha battuto 5.400 volte, e quanti respiri facciamo in un’ora, in un giorni, in un anno, le nostre palpebre quante volte si chiudono? Basterebbe questo per sentirsi vivi, per essere continuamente in uno stato di grande beatitudine: Posso respirare ancora e ancora e ancora… Il ritmo del mio cuore è in armonia con le rotazioni di questa enorme palla che è la terra, che ruota e ruota incessantemente in sintonia con le vibrazioni del mio cuore. La nostra terra è sospesa nell’Universo in un sistema solare composto da altre enormi palle rotanti che ruotano a loro volta attorno a un sole. Ma il nostro sistema solare è solo una piccola parte di un universo che ci pare infinito, ma che ultimamente diversi studi hanno teorizzato essere solo uno di tanti universi. E tutto questo: dai batteri dei nostri corpi, ai pianeti, ai sistemi solari, tutto si muove insieme come un unico organismo. Insieme, con lo stesso ritmo, e la cadenza di ogni battito cardiaco è in risonanza con ogni respiro, ogni movimento. Ma quindi, quali sono le leggi a cui affidiamo le nostre esistenze? Quali le credenze? Cosa ci muove? L’infinitamente piccolo ci mostra il linguaggio segreto, quello che regge tutto ciò che ci determina. La mostra sarà composta da tele a olio che rappresentano creature in stato di germinazione, gestazione, protette da un mondo non mondo, creature non ancora nate ma vive, intrappolate dentro tele collegate tra di loro da una rete di fili, creature anch’esse, che trasportano informazioni, che tengono i contatti tra le diverse creature.
G i o r g i a G o r r e r i
si diploma in grafica pubblicitaria all’Istituto d’arte di Parma e si laurea in Conservazione dei Beni Culturali con la tesi “Antonietta Raphael e
la scultura italiana del ‘900”. Durante e dopo la laurea inizia un percorso teatrale legato al corpo e all’uso del corpo nella maschera italiana costruendone una propria nel laboratorio artigianale del maestro Stefano Perocco di Meduna a Venezia. Sempre a Venezia inizia la collaborazione, protratta fino al 2008, con la compagnia di Commedia dell’arte Venezia in Scena. Dal 2013 al 2018 inizia a condurre numerosi laboratori di movimento e creativi nelle scuole materne e primarie di Parma con U.I.S.P., contemporaneamente crea Il Filologico, un progetto scultoreo/creativo di conservazione della memoria dove recupera piccole storie e piccoli oggetti del passato intrecciandoli a fili metallici.
S i m o n a C o s t a n z o
si laurea in grafica pubblicitaria presso la Scuola del Castello Sforzesco di Milano fondata da Bruno Munari. Lavora diversi anni come grafica per diversi enti e compagnie teatrali e nel campo
dell’editoria. Nel 2001 fonda il progetto esserini un progetto di design che avrà grande riscontro
internazionale. Gli esserini dall’ottobre 2005 rientrano nell’esposizione permanente del Musée des Arts Décoratifs di Parigi. Simona Costanzo è stata inserita nell’Archivio Permanente del Nuovo Design Italiano della Triennale di Milano. Espone a diverse mostre collettive nazionali e internazionali. Gestisce per circa tre anni un Atelier d’arte presso l’USL di Parma frequentato da pazienti del reparto di salute mentale di Borgotaro e Parma. Dopo quella esperienza capisce che i laboratori d’arte hanno una grandissima potenzialità di guarigione e trasformazione. Da allora si dedica quasi interamente al lavoro laboratoriale e di ricerca con bambini, donne e uomini. Nel 2017 fonda OkkO un’associazione culturale che si occupa di arte condivisa, inserendo all’interno di questo contenitore tutte quelle che sono state le esperienze precedenti. Giorgia e Simona si conoscono tramite l’associazione culturale OkkO e cominciano a collaborare a diversi laboratori. Nel 2022 Giorgia Gorreri dona la prima opera che entra a fare parte del Museo a cielo aperto del bosco di OkkO. Il progetto che presentano “Germinazione Organica” è un lavoro che unisce e amalgama i loro modi di lavorare e di sentire.
Contatti
Giorgia @ilfilo_logico
Simona @esserequi @okko_gram
MARTINA BASCHIERI


Martina Baschieri
Mi chiamo Martina, faccio parte della generazione “due lavori”, uno paga le bollette, l’altro ripaga l’anima.
Mi occupo di fotografia da un po’ di tempo, ho iniziato con una vecchia macchina analogica a telemetro di produzione russa quando avevo 18 anni, da lì in poi non ho più smesso.
Ho seguito, presso lo Spazio Labò, il corso serale di progettualità fotografica, lavorando su progetti personali, uno dei quali è stato esposto nel circuito Off di Fotografia Europea a Reggio Emilia.
Ho partecipato al workshop “Naked” tenuto da Anna Morosini presso lo studio Meraki di Anna Volpi e a quello di Sara Lando sull’autoritratto. La mia ricerca si è sviluppata principalmente sull’intimità, sul corpo e sulle connessioni che ognuno cerca con se stess* e con l’altr*. Ho intrapreso la libera professione come freelance da pochi anni, continuando parallelamente la mia ricerca personale.
La ricerca portata all’interno di questa collettiva mira ad essere il più universale possibile, e di facile lettura, attraversando le varie fasi della vita, dalla nascita all’età matura. Il corpo, in continua evoluzione e mutazione, contiene la nostra anima, cardine e spinta all’evoluzione sia materiale che spirituale.
martinabaschieri.com
www.instagram.com/martina.baschieri
martina.baschieri@gmail.com
BARBARA VENTURA


Barbara Ventura
BARBARA VENTURA
Da sempre incantata dalle potenzialità sopite di cose, luoghi e persone, si iscrive al Politecnico di Milano all’inizio degli anni novanta, con l’idea di diventare designer. Nel mentre inventa e confeziona la maggior parte dei suoi vestiti e produce curiosi oggetti ready-made.
Laureatasi cambia direzione ed inizia l’attività professionale specializzandosi in architettura dei luoghi del lavoro e tecniche di rappresentazione digitale. In questo periodo ha l’opportunità di attuare esperienze eclettiche, con frequenti cambi di scala e contesto, autonomamente o collaborando con studi di progettazione, aziende e agenzie di comunicazione. Il fil rouge è una perseverante e curiosa attenzione al processo di progetto.
A partire dal 2012 riscopre le tensioni giovanili verso il design e l’artigianato e si allontanata progressivamente dal mondo dell’architettura, attivando esperienze di docenza, workshop, seminari, laboratori di nuovo artigianato e promuovendo azioni progettuali ed artistiche con un deciso tratto etico e sociale.
Negli ultimi anni ha fatto della carta l’elemento privilegiato di una personale ricerca espressiva e formale che attraversa dialetticamente il design e l’arte, attingendo ad un’estetica di matrice giapponese. Leggerezza, sospensione, magia, sensualità, luci ed ombre si alternano e sovrappongono nelle pieghe rigorose che confluiscono in forme morbide e sinuose e diventano le custodi del suo sentire.
KARIN MONICA


Karin Monica
Cresciuta in ambiente artistico (padre pittore e scultore, fratello musicista), dopo gli studi classici e la laurea in beni culturali mi sono specializzata nella lavorazione del feltro a mano, tecnica tessile di grande versatilità, che mi permette di sviluppare una ricerca continua attraverso contaminazioni con altre tecniche artistiche. Le sperimentazioni materiche rimangono il fulcro del mio interesse e dell’approccio alla materia, che applico anche nell’ambito più strettamente artigianale attraverso la realizzazione di cappelli: feltro con carta, con metalli, con tecniche di stampa, doratura etc. I soggetti che preferisco sono sempre stati i volti e le teste: fisiognomica, calchi e anche copricapi come ernie delle teste, palcoscenici dei volti.. Ma in questo mio interesse istintivo per il corpo c’è un prima e un dopo. Un prima più leggero, il lusso di sguardi curiosi, anatomie e percorsi immaginati e paralleli, liberi. E un dopo, drammatico, disperante e salvifico allo stesso tempo. Indispensabile. Nel 2020 ho perso mio padre a causa del covid. Il mio interesse per il corpo e gli organi che lo compongono, le deformazioni reali o percepite che assume in base agli stati psicologici ed emotivi che lo attraversano, è diventato per me una questione di sopravvivenza. Istinto. Subito l’urgenza di recuperare e mantenere il ricordo di parti del corpo di mio padre, che non avevo più visto, nel terrore di dimenticarli: avevo solo i miei piedi, miniature dei suoi. Ma più ci lavoravo, più diventavo avida di dettagli e più si annebbiava l’immagine nella mia testa, frustrazione e condanna, portandomi ad abbandonare continuamente il lavoro. Poi le sue Cose: erano diventate per me il suo corpo privo di vita, che i miei occhi non avevano potuto vedere in quella forma. Pennelli, occhiali, il barattolo con un filo di alcol lì in bilico sul tavolo, i tubetti di colore appoggiati di là. Il suo unico corpo da quel momento in poi. Incarnazione di un’assenza. Dovevo imprimerli. Cucirli. Legarli. E farlo usando le Cose stesse .Infine io. In quei mesi avevo smesso di sentire il mio corpo. Poi un giorni, specchiandomi per caso in una finestra di casa, non mi sono riconosciuta. Ho iniziato quindi meticolose e ossessive ricerche tecniche per lasciarmi uscire e imprimermi su tele, infeltrendomi, stampandomi e cucendomi addosso, scrivendo parole di stomaco e gola. Non posso dire di essermi ritrovata, anzi. Forse ho anche smesso di cercarmi. Ma attraverso questi lavori posso dire che il mio cervello è sopravvissuto, le mani sporcate, lo stomaco obbligato a tornare in posizione… gli altri organi meno salvi, ma presenti. E, dopo tanto tempo, ho rivisto i piedi di mio padre. Per quello che rappresenteranno sempre: Noi.
